Movimento Antiberlusconiano Italiano

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A Caserta il primo planetario digitale del centro-sud Italia

Ufficio stampa

 

A Caserta il primo planetario digitale del centro-sud Italia

Venerdì 19 dicembre, alle ore 10.30, si svolgerà l’inaugurazione ufficiale del Planetario di Caserta realizzato nell’ambito di URBAN II.
La manifestazione si terrà presso la scuola media Vanvitelli in piazza Ungaretti n°1, Parco degli Aranci – Centurano, alla presenza dell’assessore alla Pubblica Istruzione Giuseppe Casella, rappresentanti delle istituzioni locali, autorità accademiche della Università Federico II e della Seconda Università di Napoli.
Ad illustrare le potenzialità dell’innovativo sistema tecnologico sarà il coordinatore didattico/scientifico del Planetario, prof. Luigi Smaldone della Federico II. Per l’occasione il personale didattico scientifico del Planetario offrirà brevi spettacoli dimostrativi.
Il sistema “In Space System” completamente digitale è stato realizzato dalla ditta francese RSACosmos, da un ventennio operante nel settore.Un cluster di sette computer permette la visione del cielo e dei pianeti in tempo reale e la rappresentazione in 3D degli oggetti e dell’universo, potendo operare su diverse dimensioni di scala. Le immagini sono proiettate su di uno schermo a cupola di sette metri di diametro che mima la volta celeste grazie a cinque proiettori, dotati di tecnologia DLP da 1400×1050 pixel, che lavorano in perfetta sincronia. Un impianto acustico con sistema 5.1 Dolby surrounding permette di far scorrere le immagini in un’atmosfera suggestiva creata con musica d’autore e narrazione dal vivo. La struttura può ospitare 41 visitatori nella sala circolare dotata di impianto di areazione forzata, su comode poltrone e prevede due postazioni per accogliere i portatori di handicap.
Per informazioni: tel. 0823.344580 e, a breve, http://www.planetariodicaserta.it .

Caserta, 17 Dicembre 2008

L’Ufficio Stampa

data: mer 17 dic

 
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Dal sito di “Repubblica”: “Fermate il test sul Big Bang o la Terra sparirà”

TECNOLOGIA & SCIENZA

L’esperimento fra 10 giorni. Guerra tra scienziati: "Un buco nero ci inghiottirà"
Il Cern di Ginevra: nessun rischio. Ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani

"Fermate il test sul Big Bang
o la Terra sparirà"

dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI

L’acceleratore di particelle a Ginevra

LONDRA – Per gli studiosi che si apprestano a spingere il pulsante d’accensione, si tratta di ricreare le condizioni che esistevano una frazione di secondo dopo il Big Bang: ovvero di riportarci indietro nel tempo sino al momento della creazione del nostro universo, all’inizio del mondo.

Ma per un gruppo di preoccupati ricercatori l’esperimento che dovrebbe cominciare tra dieci giorni in un immenso laboratorio sotterraneo, sepolto a un centinaio di metri sotto il confine tra Francia e Svizzera, comporta il rischio della fine del mondo, la distruzione e anzi la letterale scomparsa del nostro pianeta. Così, all’ultimo momento, gli oppositori del progetto hanno presentato un ricorso davanti alla Corte Europea dei Diritti Umani, che in teoria potrebbe bloccare il più grande, ambizioso e costoso test scientifico di tutti i tempi.

Oggetto della contesa è il Large hadron collider, un acceleratore da 6 miliardi di euro che, facendo scontrare particelle atomiche ad alta velocità e generando temperature di più di un trilione di gradi Celsius, dovrebbe rivelare il segreto di come è cominciato l’universo. Venti paesi europei, più gli Stati Uniti, hanno finanziato il progetto, che dopo anni di preparativi dovrebbe prendere il via il 10 settembre al Centro di Ricerche Nucleari di Ginevra.

Qualcuno, tuttavia, teme che l’esperimento andrà ben oltre le aspettative, creando effettivamente un mini buco nero, che crescerà di dimensioni e potenza fino a risucchiare dentro di sé la terra, divorandola completamente nel giro di quattro anni. Gli scienziati di Ginevra ribattono che non c’è assolutamente nulla da temere: ci sono scarse possibilità che l’acceleratore formi un buco nero capace di porre una minaccia concreta al pianeta, dicono, perché la natura produce continuamente delle collisioni di energia più alte di quelle che saranno create artificialmente dall’acceleratore, per esempio quando i raggi cosmici colpiscono la terra. Esperimenti di questo tipo, inoltre, sono stati condotti per trent’anni, senza avere risucchiato nemmeno un pezzettino della terra né causato danni di qualsiasi genere.

Vero è che il nuovo acceleratore ha suscitato attenzioni e polemiche perché è il più grande mai costruito, con una circonferenza di 26 chilometri e la possibilità di lanciare particelle atomiche 11.245 volte al secondo prima di farle scontrare una contro l’altra a una temperatura 100mila volte più alta di quella che esiste al centro del sole. La speranza è individuare, così facendo, le teoriche particelle chiamate bosoni di Higgs, giudicate responsabili di avere dato massa, ovvero peso, a ogni altra particella esistente. Ma gli scienziati ammettono che ci vorranno anni prima di arrivare eventualmente a un risultato del genere, per le difficoltà nel trovare particelle così infinitesimamente piccole nel caos primordiale post-Big Bang creato dentro l’acceleratore.

Abbiamo ancora dieci giorni per salvare la terra?, si chiede, con leggera ironia, il Sunday Telegraph. "I miei calcoli indicano che il rischio che un buco nero mangi il pianeta a causa dell’esperimento è serio", afferma il professor Otto Rossler, un chimico tedesco della Eberhard Karls University che ha presentato il ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani insieme ad alcuni colleghi. Replica James Gillies, portavoce del Centro Ricerche Nucleari di Ginevra: "Il ricorso non introduce nessun argomento che non sia già stato esaminato e respinto in passato, se questi esperimenti fossero rischiosi lo sapremmo già".

In ogni caso lo sapremo con certezza dopo il 10 settembre, se la Corte Europea, come sembra di capire, darà luce verde all’iniziativa: che non sarà la "fine del mondo", ma un po’ di curiosità al di fuori dei confini della scienza, in questo modo, l’ha ottenuta.

(1 settembre 2008)

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Tratto dal sito di Repubblica – La truffa del formaggio avariato

CRONACA
Indagine su un gruppo di aziende che lavorava per i grandi marchi
Compravano pezzi già scaduti, a prezzi stracciati, per poi "ripulirli"

La truffa del formaggio avariato
nel grattugiato finivano gli scarti

dal nostro inviato PAOLO BERIZZI

PIACENZA – Quando gli uomini della Guardia di Finanza trascrivono le intercettazioni, quasi non credono alle loro orecchie. Chi è il rappresentante legale e amministratore unico dell’azienda che ricicla formaggi avariati e scaduti? Semplice, l’ex comandante della stazione dei carabinieri. E chi certifica, passando a bere un caffè, che è tutto a posto, nonostante le celle frigorifere trabocchino di tonnellate di merce con dentro insetti, larve, escrementi e carcasse di topi, muffe, pezzi di plastica? Semplice: il veterinario dell’Asl.

È talmente disinvolto, il medico, con i banditi della tavola, da "dimenticarsi" i timbri dell’Asl di Piacenza – dov’è tuttora tranquillamente in servizio – in un cassetto della scrivania, nell’ufficio contabilità del caseificio. E così da controllore è diventato controllato. C’è anche lui nel fascicolo con cui la Procura piacentina (pm Antonio Colonna) scrive ora una nuova e ricca pagina nell’inchiesta sui formaggi avariati avviata due anni fa dai colleghi di Cremona (pm Francesco Messina).

Lo scenario ricostruito dagli investigatori è inquietante. Decine di tonnellate di scarti di formaggio piene di schifezze ritirate da grosse aziende (Granarolo, Ferrari Giovanni industria casearia, Zanetti) e mischiate a prodotto fresco: un sistema collaudato con cui la DELIA, stabilimento a Monticelli D’Ongina, sede legale a Milano in piazza IV Novembre, riesce a piazzare sul mercato italiano e europeo il suo prodotto finito. Che vuol dire soprattutto: formaggio grattugiato. Come? Vendendolo a aziende che lo confezionano in buste a marchio "Galbani", "Ferrari", "Medeghini", solo per citarne alcuni. O direttamente al cliente finale, come nel caso di "Biraghi" o "Prealpi".

Il giro è enorme, e abbraccia mezza Europa (Spagna, Austria, Germania, Francia, Belgio). Una ventina di milioni di euro il volume d’affari della società, collegata a altre tre aziende di cui due con sede a Barcellona (Compinque S. L. e Quederlac S). Sono tutte riconducibili a Alberto Aiani, cinquantatreenne di Casalbuttano. Il paese in provincia di Cremona dove l’ex ufficiale dell’Arma Francesco Marinosci, pugliese di Francavilla, cremonese d’adozione, – prima di darsi al formaggio e diventare socio di Aiani nella DELIA – dirigeva la stazione dei carabinieri. Ieri usava l’utilitaria in dotazione, guadagnava un moderato stipendio. Oggi gira in Jaguar e, si capisce, ha implementato le sue entrate.

Con Aiani e un’impiegata dell’azienda – per ora sono denunciati – Marinosci dovrà rispondere del reato di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari con rischio di danno per la salute pubblica. Ma c’è dell’altro. Sulle triangolazioni pericolose con cui DELIA acquistava "merda" – termine usato dai truffatori per indicare il prodotto avariato, dalle intercettazioni del primo troncone di inchiesta condotta dalle fiamme gialle guidate dal comandante Mauro Santonastaso – il compito di vigilare, si fa per dire, spettava a un veterinario dell’Asl piacentina: Luciano Dall’Olio (falso e abuso d’ufficio). Il medico non è esattamente un guardiano scrupoloso.

Di più: alla DELIA in pratica si autocertificano. Con il timbro del competente servizio veterinario. Per ricomporre il quadro che emerge dalle pieghe dell’inchiesta non c’è bisogno di aggiungere molti altri tasselli. Né confortano le "spigolature" venute alla luce nel corso delle indagini (già arrestate quattro persone, sigilli alla Tradel di Casalbuttano, la prima azienda "riciclona" del siciliano Domenico Russo). Per esempio: possibile che il legale di Andrea Chittò, veterinario dell’Asl di Cremona, anche lui accusato di reggere il gioco dei truffatori e sospeso dal servizio, nella memoria difensiva produca la testimonianza del comandante dei Nas di Cremona, Raffaele Marongiu?

In Procura ormai ne sono convinti: il sistema della truffa del formaggio avariato ha continuato e continua a funzionare grazie alla connivenza-complicità di chi dovrebbe controllare e però si fa chiudere gli occhi. Così la "pattumiera" funziona a pieni giri: ritira roba scaduta e marcita, e la ripulisce sotto forma di formaggio fuso che poi viene fatto raffreddare e venduto in panetti (delimix) alle grosse aziende.

Il prodotto finisce nelle grattugie. Si ottiene il lavorato finale: il formaggio grattugiato. Non deriva, ovvio, né da parmigiano né da grana padano o da altri formaggi duri fatti direttamente con il latte, ma da un "fuso" insaporito a seconda della percentuale di croste o scarti immessi nella fusione. Eccole, riempite con il prodotto delle due aziende-pirata, le classiche buste di grattugiato che finiscono sulle nostre tavole. "Di aziende come queste c’è pieno – dice un investigatore anti-frode – e i grandi marchi se ne servono abbondantemente. È un sistema di vasi cinesi che va combattuto e stroncato. I ministeri della Salute e dell’Agricoltura, adesso, dovrebbero intervenire pesantemente".

(5 settembre 2008)

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Tratto dal sito del “corriere della sera” – Errori sulla seconda prova scritta d’inglese.(O__O)

Il testo completo

L’intero documento corretto

 

Maturità, la traduzione piena di refusi:
il sito da cui è copiata e il testo del ministero

Il testo originale su Internet e la prova ministeriale corretta dalla prof. Woodhouse 

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Città di Caserta

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Tratto dal sito:http://www.marikikka.com/blog/2008/04/02/air-action-vigorsol-levoluzione-dellaerofagia/ L’evoluzione della aerofagia. ahuahuahuahua XD

 

E così siamo arrivati al secondo episodio della serie. Già, qua mi sa che dobbiamo aspettarci la trilogia. Mi riferisco ovviamente allo spot Vigorsol.

Partiamo dall’inizio, con il prologo.
In principio era il tipo che entrava nel bar, impacciato, a bersi qualcosa. Guardandosi attorno si accorge che nel locale ci sono solo uomini e, imbarazzato, estrae dalla tasca una confezione di Air Action Virgorsol. Dopo un paio di mandibolate, gli si dilata talmente tanto il polmone che, a forza di inspirare, si gonfia come un canotto, gli si staccano tutti i bottoni della camicia e si trasforma in un super-figo, attirando l’attenzione dei ragazzi nel bar, palesemente gay-friendly.

Poi venne la volta delle grate: il pakistano nascosto dietro il muro, a fare da condizionatore-umano, e i ragazzotti inglesi sotto i tombini, a soffiare per vedere sotto le gonne delle donne.

Ma la genialata doveva ancora arrivare: l’introduzione dell’ambiente faunistico nello spot! La leggenda della foresta, infatti, narra che un bel giorno, mentre tutti si prodigavano a farsi i cazzacci loro, un pirla qualsiasi gettò un mozzicone di sigaretta nel sottobosco brullo. In un attimo venne su un fuoco con le lingue che toccavano il cielo. Panico. Tutti a prendere secchi e secchielli, nessuno pensa di chiamare i pompieri. Ormai la foresta delle Coglionifere era spacciata. Ma ecco arrivare il salvatore inatteso…

Lui, lo scoiattolo con evidenti problemi di meteorismo, ha talmente indispettito alcune fasce di pubblico da dover far ripiegare la Vigorsol nella realizzazione di una seconda versione dello spot, in cui il peloso mammifero salva la situazione con il classico soffio refrigerante.

Ma poteva l’eroe della foresta limitarsi al piccolo microcosmo frondoso? Certo che no. Allora eccolo riproposto in questi giorni, carico di buoni propositi e tronfio del successo, su una piroga alla volta del polo nord. Nel nuovo spot, infatti, porta la buona novella (ovvero un pacchetto di cicche) a tre paffuti pinguini, cedendo loro il testimone. Masticando Air Action Vigorsol, i tre uccellacci tirano giù un trombone dal culo talmente potente che fan su un ghiacciao perenne che neanche in Tibet! Un iceberg dalle dimensioni apocalittiche. In compenso però hanno risolto il problema del disgelo del pianeta.

Cosa succederà nel terzo episodio?

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New York Times: Scandalo mozzarella alla diossina


March 26, 2008

Italy’s Trash Crisis Taints Reputation of a Prized Cheese

By IAN FISHER and DANIELE PINTO

ROME — Italians often minimize what afflicts them with this philosophy: Without the bad, no one would appreciate the good.

The question now on the table, almost literally, is whether their passion for food — and the money it makes — will finally force action against the lawlessness that is hurting the name of one of Italy’s most revered delicacies: mozzarella made with buffalo milk.

In the last few months, sales of buffalo mozzarella have dropped 40 percent, the product’s trade association says. The problem makes for a near-perfect morality play about Italy: For years, the nation’s paralyzed political class has done little to halt huge-scale illegal dumping of trash, some of it toxic, around Naples. That area happens to produce some of the best mozzarella.

A new trash crisis peaked yet again, and last week fears that food might be contaminated seemed confirmed when health officials announced elevated levels of the carcinogen dioxin in samples of buffalo mozzarella. Last weekend, South Korea banned imports of the cheese, and Italy began scrambling to avoid deep damage to one of its most emblematic products.

“It is a usual sad Italian story,” said Silvio Ursini, 46, who two years ago started Obiká, a restaurant here that specializes in quality buffalo mozzarella.

On Tuesday, Mr. Ursini, along with farmers, producers and government officials, went on an offensive to persuade more countries not to ban sales.

While the exact cause of the contamination has not yet been established, they said the producers with elevated levels of dioxin in their milk were few and that none belonged to the consortium that receives the Protected Designation of Origin quality seal from the European Union. The protected region, they noted, is big, and much of it is far from illegal trash.

“It really is a problem of criminals making a counterfeit product from God-knows-what,” said Mr. Ursini, who expects to open a branch in New York soon. “Mozzarella-wise, we’re in good shape. I just hope the whole thing doesn’t become a panic.”

Much is at stake: In a business that stretches back nearly to antiquity — invading barbarians are believed to have brought the first buffalo from Asia as early as the sixth century — some 30,000 tons of the high-quality protected cheese are produced each year, representing nearly half a billion dollars in sales.

While some buffalo mozzarella is exported to Europe and elsewhere, notably Russia and Japan, Italians eat most of it. They are now eating much less.

Alessandro Cervini, owner of Zazá, an organic takeout pizza place here, said he stopped serving buffalo mozzarella on pizza in January, even though he buys only from top-quality makers.

“Even if we have a certificate, people won’t eat it,” he said. Mozzarella does not have to be made with buffalo milk, and he now uses only cheese made from cows, the type melted on most pizza anyway.

To send a message of concern, Italian health officials are meeting Wednesday to discuss the scale of any contamination and how to end it. Harder to fix is the larger problem: for decades the Camorra, the Naples organized crime group, has made a profitable business illegally dumping trash, and no one has stopped it.

For now, there are two investigations running. One concerns the larger problem of crime and why Naples periodically floods over with its own refuse. The other focuses on complicity between shady mozzarella producers and local officials who reportedly knew about the contamination.

Still there is hope that this time something may be done, because the damaging is spreading.

“Now it is visible,” Mr. Cervini said of the effects of allowing organized crime to keep dumping. “It’s like when the Mafia dumps bodies but you don’t know why. Now you see it.”

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UFO: Hanno accertato l’autenticità di questi 2 videoI!! (O__O)

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NO ALLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA

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